top of page
61Qap+oU31L._AC_SX679_.jpg

SPUNTI DI RIFLESSIONE SUL MESSAGGIO DI MARIA

Indietro          Avanti

 

L’interpretazione più immediata delle parole di Maria ci può suggerire di vederle come una preghiera di intercessione rivolta a Dio per l’umanità intera, affinché continui a esercitare la sua misericordia e sospenda la giustizia-condanna nei confronti dell’umanità peccatrice. Questa interpretazione viene tacitamente data sia da G. Militello (in « Nostra Signora di Misericordia di Savona », ed. San Paolo, 2010) che riporta la frase “Misericordia e non giustizia” con un’aggiunta: “Misericordia e non giustizia, Figlio!”;  sia dall’inno a N. S. di Misericordia del maestro Paolo Venturino “Alzati e non temere” (2016, in occasione del giubileo straordinario della Misericordia) nel cui ritornello si afferma: “Alzati e non temere: io sono la Vergine Maria. Al Figlio chiedo pietà e non giustizia, al Figlio chiedo pietà, misericordia”. La misericordia dà quindi tempo per convertirsi, sospende la condanna. È significativo che Maria pronunci le parole « Misericordia e non giustizia » mentre benedice solennemente il fiumicello: ella invoca la misericordia e la misericordia stessa diventa benedizione per gli uomini, non la giustizia che li condannerebbe. In questo messaggio, evidentemente, la Misericordia è messa in primo piano.

Lo scopo di questo articolo è quello di accogliere e meditare nel nostro cuore queste parole di Maria, proprio come farebbe lei, per andare oltre questa prima comprensione (piuttosto immediata) del suo messaggio. Vogliamo quindi fornire alcuni spunti di riflessione per approfondire il senso di questa articolazione tra misericordia e giustizia.

Nel suggerire queste riflessioni, ci ispiriamo alla metodologia di sant’Agostino, che spesso proponeva interpretazioni multiple di certi passaggi della Scrittura, tutte coerenti con il fatto che « lo scopo della Scrittura è quello di insegnarci l’amore di Dio e del prossimo » (La dottrina cristiana 1,35,39-36,40) ; ciò si può senz’altro estendere ai messaggi mariani che devono essere coerenti con la Scrittura. Tutte le nostre piste di interpretazione dovranno quindi andare in questo senso. Arricchiremo ogni spunto con alcuni testi di sant’Agostino e di santa Teresa di Gesù Bambino rispettivamente nelle “prospettive agostiniane” e nelle “prospettive teresiane” come ulteriori piste di approfondimento.

 

Indietro      Avanti

 

Sommario:

Introduzione

 

La benedizione di Maria

 

Spunti di riflessione sul messaggio di Maria

 

Primo spunto:

Secondo spunto:

Terzo spunto:

Quarto spunto:

Quinto spunto:

Conclusioni:

Primo Spunto

 

Indietro      Avanti

 

Tenendo conto del fatto che ogni frase prende il suo significato anche a partire dal contesto, sia esso letterario, storico, sociale, il turbolento periodo storico in cui avviene l’apparizione fornisce elementi per una possibile interpretazione delle parole di Maria. Dobbiamo risalire al XVI secolo al tempo della contesa tra lo spagnolo Carlo V, sostenuto dai genovesi, e il francese Francesco I, sostenuto dai savonesi. Quest’ultimo viene sconfitto a Pavia nel 1525. Nel 1528, i genovesi puniscono Savona per aver sostenuto Francesco I: interrano il porto savonese e abbassano le torri cittadine. Pochi anni dopo, in seguito a un accordo tra Francesco I e il Sultano Solimano nel febbraio del 1536, i genovesi, sotto pretesto di difesa, decidono di costruire una fortezza sulla collina del Monticello, che sovrastava il mare, proprio dove sorgeva la città primitiva di Savona : sarà la fortezza del Priamar, come la vediamo ancora oggi. Per costruirla viene distrutta anche l’antichissima cattedrale in stile gotico italiano. Il clima politico e sociale era quindi tutt’altro che sereno e certamente non mancavano desideri di vendetta e di riscatto.

Tenendo conto di tali circostanze storiche, il messaggio « Misericordia e non giustizia » potrebbe essere letto come un’esortazione ai savonesi affinché esercitino la misericordia (in primis concretizzata nel perdono) e non si vogliano vendicare facendosi giustizia da soli (giustizia) nella situazione sociale e politica così turbolenta, perché Maria ispirerà il da farsi a tante persone: lascino quindi che sia Dio a fare giustizia e si preoccupino solo di fare opere di misericordia (tra cui certamente spicca il perdono, visto il contesto) e di convertirsi dalla loro condotta di peccato.

Quindi possiamo così riassumere questa prima interpretazione: Maria esorta gli uomini a compiere opere di misericordia, a incominciare dal perdono, e a non farsi giustizia da soli, cioè a lasciare a Dio il compito di fare giustizia.

 

Primo spunto - prospettive agostiniane

Agostino affronta direttamente il dilemma del « non farsi giustizia da soli », quando tutto sembrerebbe concederlo, quando commenta « Il Signore opererà misericordie e renderà giustizia a tutti coloro che ricevono ingiuria » (Ps 102,6).

« Il Signore ha detto: Amate i vostri nemici (Mt 5,44). Vuoi essere saziato dei beni divini? Deve essere in te stesso saziata la misericordia. La misericordia veramente completa è la misericordia perfetta, quella che ama e vuol bene anche a chi nutre odio per essa. Che farò allora, tu dici? Se comincio ad amare il mio nemico, dovrà riceverne e sopportarne le ingiurie e rinuncerò a reclamare il mio diritto, anche se ci sono le leggi? È giusto che tu abbia a reclamare, concedo che è giusto, ma bada che non ci sia qualcosa in te stesso che meriti di essere colpito, e poi reclama il tuo diritto. Tu infatti, nel chiederti: dovrò forse rinunciare al mio diritto? parli come se Dio condanni la giustizia del reclamo e non voglia piuttosto distruggere la superbia di chi lo promuove. O forse la famosa adultera non meritava di essere lapidata? E se veniva lapidata, sarebbe stata questa un'azione ingiusta? In questo caso sarebbe stato ingiusto il relativo comando. Ma era la legge, era Dio che aveva dato tale comando. Voi invece che volete vendicarvi, chiedetevi se non siate voi stessi peccatori! Fu condotta al Signore una donna adultera che secondo la legge doveva essere lapidata, ma fu condotta all'autore stesso della legge. E tu che l'hai condotta, infierisci contro di lei. Chiediti piuttosto chi sei tu che infierisci e contro chi infierisci: se peccatore ti avventi contro una peccatrice, smetti di infierire e confessa prima il tuo peccato; se peccatore ti avventi contro una peccatrice, lasciala stare. Solo il Signore sa che pensare di lei, quale giudizio farne, come perdonarla, come risanarla! Tu infierisci appellandoti alla legge? Sa meglio di te cosa di lei debba fare l'autore di quella legge, alla quale ti appelli! Il Signore, fin dal momento in cui gli fu presentata la donna, piegò il capo e si mise a scrivere per terra. Scrisse appunto per terra quando si piegò verso terra; ma prima di piegarsi verso terra, non scrisse sulla terra, bensì sulla pietra. E certo la terra avrebbe prodotto qualcosa di fruttuoso per le lettere in essa scritte dal Signore. Egli, come aveva scritto la legge sulla pietra per significare la durezza dei Giudei, così si mise a scrivere sulla terra per significare il buon frutto dei Cristiani. Vennero dunque gli accusatori da lui, portando l'adultera come flutti che si abbattono tempestosi contro la roccia, ma furono schiacciati dalla sua risposta. Egli infatti disse loro: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei (Gv 8,3-9) Poi di nuovo piegò il capo e riprese a scrivere per terra. E pian piano ognuno, interrogando la propria coscienza, cominciò a sparire. Ad allontanare quegli uomini non fu la povera donna adultera, ma la loro adulterata coscienza. Essi volevano farne vendetta, ambivano di giudicarla: vennero alla roccia e furono inghiottiti presso la roccia i loro giudici (Sal 140,6). » (Enarr. in Ps. 102,11)

Nel commento, molto chiaro, con l’esempio significativo dell’episodio della donna adultera, Agostino si sofferma sulle disposizioni interiori che devono guidare tutte le nostre azioni : al limite si potrebbe dire che non importa tanto “quello” che si fa ma “come” si fa e questo “come” è regolato dall’amore, da un amore che va fino al limite di amare anche i propri nemici ed è quindi estremamente esigente. L’agostiniano « Dilige et quod vis fac » (ama e fai ciò che vuoi) (Ep. Io. tr. 7,8) forse tra le frasi agostiniane più citate e mal comprese, va interpretato proprio in questo senso: il nostro agire, che può differire a seconda delle persone, delle situazioni e dei momenti, deve essere sempre guidato unicamente dall’amore di Dio e dei fratelli.

Questo concetto di lasciare che sia Dio a giudicare dando la ricompensa o il castigo che spetta, viene così riassunto : « Il Signore infatti opererà misericordie e renderà giustizia a tutti coloro che ricevono ingiuria (Ps 102,6). Egli userà misericordia con te, se tu avrai misericordia degli altri: sarai misericordioso ben sapendo che, se sopporti l'ingiuria, ciò non resta impunito. A me la vendetta ed io darò la retribuzione (Dt 32,35), dice il Signore » (Enarr. in Ps. 102, 14).

 

Primo spunto - prospettive teresiane

Quanto espresso da Agostino nell’Enarr. in Ps. 102,11, sembra essere stato assimilato perfettamente nella vita di Santa Teresa di Gesù Bambino che condivide la sua esperienza personale a questo proposito con affermazioni che possono sembrare paradossali ma che in realtà sono frutto di una grande libertà interiore e di un totale abbandono a Dio:

« Quando siamo incomprese e giudicate sfavorevolmente, perché difendersi, giustificarsi? Lasciamo correre, non diciamo nulla, è così dolce non dire nulla, lasciarsi giudicare in qualsiasi modo! Nel Vangelo non vediamo che santa Maddalena si sia giustificata quando sua sorella l’accusava di stare ai piedi di Gesù senza fare niente (Lc 10, 39-40). Non ha detto “Oh Marta, se sapessi la felicità che gusto, se tu sentissi le parole che sento ! E poi è Gesù che mi ha detto di stare qua”. No, ha preferito tacere. O beato silenzio che dona tanta pace all’anima ! » (Carnet Jaune, 6 aprile 1897)

A volte non si tratta solo di desiderio di difendersi ma di sentimenti che non si possono impedire quando, dopo aver reso un servizio, non si riceve alcun segno di riconoscenza. In questa situazione, Teresa ci trasmette la sua esperienza:

« Vi assicuro che anch’io provo il sentimento di cui mi parlate; ma non sono mai presa al laccio poiché sulla terra non aspetto nessuna ricompensa: faccio tutto per il buon Dio e così non posso perdere nulla e sono sempre molto ben ripagata della fatica che faccio nel servire il prossimo » (Carnet Jaune, 9 maggio)

 

Indietro      Avanti

 

Sommario:

Introduzione

 

La benedizione di Maria

 

Spunti di riflessione sul messaggio di Maria

 

Primo spunto:

Secondo spunto:

Terzo spunto:

Quarto spunto:

Quinto spunto:

Conclusioni:

Secondo Spunto

 

 

 

 

 

Indietro       Avanti

Se consideriamo il « misericordia e non giustizia » come seguito logico della frase precedente “Tu andrai appresso alla tua vita e io ispirerò a molta gente quello che avranno da fare”, possiamo pensare che le parole di Maria siano indirizzate a questa “molta gente”.

Maria potrebbe cioè esortare gli uomini a fare opere di misericordia in modo che Dio non eserciti la giustizia col castigo: se le persone si convertono, cioè iniziano a cambiare vita, ad « aggiustarsi » a Dio, a « rendersi giusti » nel senso di correggersi per « risintonizzarsi » su Dio possono sperare di evitare il giudizio di condanna da parte di Dio, come era successo agli abitanti di Ninive che alla predicazione di Giona si erano convertiti riuscendo così a distogliere Dio dal castigarli. Maria in questo caso esorterebbe gli uomini alle opere di misericordia e prometterebbe una sospenzione della condanna da parte di Dio.

Il « misericordia e non giustizia » potrebbe quindi essere inteso come : “fate opere di misericordia e in tal modo Dio non eserciterà la sua giustizia per castigarvi”. Maria qui si incarica più particolarmente di invitare i peccatori al pentimento (come del resto si può verificare che abbia fatto in qualsiasi sua apparizione riconosciuta ufficialmente) con le sue ispirazioni interiori.

Quindi, possiamo riassumere dicendo che Maria invita gli uomini a compiere opere di misericordia per mostrare concretamente la loro conversione e intercede per loro presso Dio affinché Dio non li condanni e sospenda quindi i suoi castighi dando così tempo agli uomini di convertirsi e compiere opere di misericordia.

 

Secondo spunto – prospettive agostiniane

Un tema ricorrente in sant’Agostino è il riconoscere e condannare il proprio peccato prima che lo faccia Dio in modo da, per così dire, “obbligare” Dio a esercitare la sua misericordia. A partire da questo passaggio di Paolo: «Se ci esaminassimo noi stessi, non verremmo giudicati dal Signore» (1 Cor 11,31), Agostino interpreta: «Se ci correggessimo da soli, non verremmo corretti dal Signore».[5] Agostino stabilisce così un’equivalenza tra “giudicarsi” e “correggersi”, di modo che l’uomo, da parte sua, può in qualche modo anticipare il giudizio-condanna di Dio ed evitarlo: può cioè vedere quanto deve cambiare nella sua vita, condannarlo e quindi convertirsi. Cosa succede se l’uomo non si converte? Dio, da parte sua, può sollecitare questa conversione con dei castighi: se questo non è sufficiente a smuovere l’uomo, ci sarà la condanna definitiva al giudizio finale.[6]

Agostino, in un altro contesto, vede la conversione come un’opera di bene (un’elemosina, una misericordia) che l’uomo fa a se stesso, cioè, come spiega nella Città di Dio:

«Chi dunque offre elemosine adeguate ai propri peccati, cominci prima da se stesso ad offrirle. È sconveniente infatti che non operi per sé, chi opera per il prossimo giacché può ascoltare la parola di Dio: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,39); e: “Abbi pietà della tua anima rendendoti gradito a Dio” (Sir 30,24). Non si può dire infatti che chi non offre alla propria anima questa elemosina, cioè di rendersi gradito a Dio, può elargire elemosine, adeguate ai propri peccati. A proposito v’è il passo della Scrittura: “Chi è cattivo con se stesso, con chi sarà buono?” »(Sir 14,5)[7]

Il fatto che Agostino associ al primo comandamento questo versetto del Siracide, sottolinea che aver misericordia della propria anima significa avere un vero amore di sé (che ha la sua sorgente nell’amore di Dio). Si capisce, allora, che aver misericordia della propria anima deve precedere l’amore del prossimo affinché sia autentico. Aver misericordia della propria anima ha, come fine ultimo, di ottenere il perdono di Dio, perdono che restaura la relazione tra la creatura e il suo Creatore. Agostino considera come un’elemosina l’aver misericordia della propria anima, sottintendendo con questo che l’uomo riconosce così la sua condizione di miseria legata alla sua vita umana mortale. Fondamentale è questa presa di coscienza della condizione attuale dell’uomo, che, quando è lontano da Dio, si trova in uno stato deplorevole:

«Chiede l’elemosina a te l’anima tua, rientra nella tua coscienza. Chiunque sia tu, che vivi male, che vivi cioè in maniera infedele alla legge di Dio, rientra nella tua coscienza e lì troverai l’anima tua che ti chiede l’elemosina, la troverai bisognosa, povera, piena d’affanni» ( Ser. 112A).

Questa conoscenza interiore dell’anima può risultare difficoltosa e questa elemosina consiste nel nutrire la propria anima dandole il pane della fede in Cristo:

«Forse non la troverai neppure bisognosa, ma diventata muta per la miseria in cui versa. Poiché, se chiede l’elemosina, ha fame della giustizia. Quando troverai l’anima ridotta in tale stato (è nell’interno del tuo cuore che si trovano questi affanni) falle prima l’elemosina. È la tua anima che deve nutrirsi, per non perire di fame. Dalle il pane. “Quale pane?” mi si chiede. Il Signore stesso parla con te. Se tu lo ascoltassi e comprendessi e credessi al Signore, egli ti direbbe: “Sono io il pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6,41). Non daresti forse prima questo pane all’anima tua e le faresti elemosina? Se dunque avrai fede, farai in modo di alimentare prima la tua anima. Credi in Cristo e sarà reso puro l’interno e sarà puro anche l’esterno (Cfr. Lc 11,39–42)» (Ser. 106, 4, 4).

La misericordia verso se stessi è quindi legata ad una conversione profonda in cui l’uomo permette alla propria anima di ritornare alla vita per mezzo della fede in Cristo, vero nutrimento per l’anima. Quando l’uomo esercita la misericordia verso se stesso, acconsente a riconoscersi bisognoso, lontano da Dio e a fondare e centrare la sua vita su Cristo. Paradossalmente, è un’azione per mezzo della quale l’uomo non conta più su se stesso ma su Dio, su Cristo, in particolare. Abbiamo quindi, in questo sermone 106, un’interpretazione della misericordia verso se stessi in termini di fede in Cristo.

 

Secondo spunto – prospettive teresiane

Teresa sembra aver messo in pratica d’istinto questo suggerimento di Agostino: ella, infatti, fin da piccola si accusava subito delle sue mancanze pensando che così avrebbe ottenuto più facilmente il perdono. Una lettera di sua madre, che ella stessa cita nel Ms A 5v (n 19) ne dà testimonianza:

È una bambina che si emoziona molto facilmente. Appena ne combina qualcuna, bisogna che tutti lo sappiano. Siccome ieri senza volerlo aveva fatto cadere un pezzetto di tappezzeria, era in uno stato da far pietà e perciò bisognava subito dirlo a suo Padre. Egli è arrivato quattro ore dopo, noi non ci pensavamo più, ma lei è andata immediatamente a dire a Maria: “Di’ subito a Papà che ho strappato la carta”. Resta là come un criminale che aspetta la condanna, ma nella sua testolina ha l'idea che le si perdonerà più facilmente se si accusa». (Dalla Sig.ra Martin a Paolina 21/5/1876 (LF 160, p. 242).)

Teresa ha mantenuto per tutta la sua vita questo atteggiamento anche nel suo rapporto con Dio, come segno di fiducia illimitata nella sua misericordia. Per questo motivo, alla fine del suo Manoscritto C, confida :

«Sì lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi tra le braccia di Gesù, perché so quanto ami il figliol prodigo che ritorna a Lui. Non perché il buon Dio, nella sua misericordia preveniente ha preservato la mia anima dal peccato mortale, io mi innalzo a Lui [37r] con la fiducia e l'amore» (Manoscritto C 36V).

 

Indietro       Avanti

 

Sommario:

Introduzione

 

La benedizione di Maria

 

Spunti di riflessione sul messaggio di Maria

 

Primo spunto:

Secondo spunto:

Terzo spunto:

Quarto spunto:

Quinto spunto:

Conclusioni:

 

________________________________________

[5] Cf. Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni 22, 5

[6] M. Giusto, Agostino e la misericordia, Canterano (Roma), 2016, p 431.

[7] Agostino, La città di Dio, 21, 27; M. Giusto, Agostino e la misericordia, Canterano (Roma), 2016, p 456

Terzo Spunto

 

Indietro      Avanti

 

Con la stessa premessa del secondo spunto, possiamo cogliere un’altra sfumatura: Maria potrebbe rivolgere la sua preghiera a Dio Padre o al Figlio affinché eserciti la misericordia e sospenda la punizione. 

 

Terzo spunto – prospettive agostiniane

Il fatto di sospendere la condanna per dare tempo di convertirsi, richiama il concetto di “tempo della misericordia” di cui Agostino parla lungamente commentando il salmo 100, 1 «O Signore, canterò a te misericordia e giudizio»:

« Proviamoci adesso a discernere i due attributi della misericordia e del giudizio in base al fattore tempo, poiché non dev'essere stato un puro caso che li si è posti in quest'ordine e non si è detto: Giudizio e misericordia; ma: Misericordia e giudizio. Disponendoli secondo una successione cronologica, riscontriamo che il tempo della misericordia è adesso, mentre poi ci sarà il tempo del giudizio. È tempo di misericordia, non ancora tempo di giudizio. […] Se infatti Dio non fosse intervenuto una prima volta a perdonare usando misericordia, non avrebbe chi poter coronare nel giudizio. È quindi tempo di misericordia finché la longanimità di Dio continua a sospingere i peccatori al ravvedimento ». (Enarr. in Ps. 100,1)

Il tempo della misericordia è il tempo presente in cui Dio attende la conversione dei peccatori dopo che è venuto nel Figlio Gesù per mostrare la sua misericordia. Al tempo della misericordia seguirà il tempo del giudizio, il momento per premiare o condannare, di cui non è noto il momento ma si sa per fede che avverrà.

 

Terzo spunto: prospettive teresiane

Teresa ha colto tutta l’urgenza del tempo della misericordia quando ha pregato per “il suo peccatore” Pranzini. Ecco come narra l’episodio nel manoscritto A:

Sentii parlare di un grande criminale che era appena stato condannato a morte per dei crimini orribili: tutto faceva credere che sarebbe morto nell’impenitenza. Volli ad ogni costo impedirgli di cadere nell’inferno; allo scopo di riuscirvi usai tutti i mezzi immaginabili: capendo che da me stessa non potevo nulla, offrii [46r] al Buon Dio tutti i meriti infiniti di Nostro Signore, i tesori della Santa Chiesa; infine pregai Celina di far dire una messa secondo le mie intenzioni, non osando chiederla di persona nel timore di essere costretta a confessare che era per Pranzini, il grande criminale. Non volevo nemmeno dirlo a Celina, ma mi fece delle domande così affettuose ed insistenti che le confidai il mio segreto; invece di prendermi in giro mi chiese di aiutarmi a convertire il mio peccatore: accettai con riconoscenza, perché avrei voluto che tutte le creature si unissero a me per implorare la grazia per il colpevole. Sentivo in fondo al cuore la certezza che i nostri desideri sarebbero stati esauditi; ma allo scopo di darmi coraggio per continuare a pregare per i peccatori, dissi al Buon Dio che ero sicurissima che avrebbe perdonato al povero disgraziato Pranzini, che l’avrei creduto anche se non si fosse confessato e non avesse dato alcun segno di pentimento, tanto avevo fiducia nella misericordia infinita di Gesù, ma che gli domandavo soltanto «un segno» di pentimento per mia semplice consolazione... La mia preghiera fu esaudita alla lettera! Malgrado il divieto che il Papà ci aveva dato di leggere i giornali, pensavo di non disobbedire leggendo i brani che parlavano di Pranzini. Il giorno dopo la sua esecuzione mi trovo sotto mano il giornale: «La Croix». L’apro in fretta e cosa vedo?... Ah! le lacrime tradirono la mia emozione e fui costretta a nascondermi... Pranzini non si era confessato, era salito sul patibolo e stava per passare la testa nel lugubre foro, quando a un tratto, colto da una ispirazione improvvisa, si volta, afferra un Crocifisso che il sacerdote gli presentava e bacia per tre volte le piaghe sacre!... Poi la sua anima andò a ricevere la sentenza misericordiosa di Colui che dichiarò che in Cielo ci sarà più gioia per un solo peccatore che fa penitenza che per 99 giusti che non hanno bisogno di penitenza!

Teresa ha pregato affinché Pranzini non perdesse l’occasione di convertirsi in quei pochi giorni che gli restavano da vivere. È molto significativo che abbia trovato la salvezza baciando le piaghe di Gesù crocifisso: tali piaghe, per san Bernardo sono proprio la porta d’entrata delle viscere di misericordia di Dio.[8]

 

Indietro       Avanti

 

Sommario:

Introduzione

 

La benedizione di Maria

 

Spunti di riflessione sul messaggio di Maria

 

Primo spunto:

Secondo spunto:

Terzo spunto:

Quarto spunto:

Quinto spunto:

Conclusioni:

 

________________________________________

[8] Cf. San Bernardo, Commento al Cantico dei Cantici, sermone 61,3-4: “ E veramente dove vi può essere sicuro e stabile riposo per gli infermi se non nelle piaghe del Salvatore? […] Ho commesso un grave peccato, si turberà la coscienza, ma non si abbatterà, perché mi ricorderò delle piaghe del Signore. Infatti Egli è stato trafitto per i nostri delitti (Is 53,5). Chi è talmente affetto da male mortale che non possa essere salvato dalla morte di Cristo? Se dunque mi verrà alla mente una medicina così potente ed efficace, nessuna malattia, per quanto maligna, mi farà paura. […] Il ferro trapassò la sua anima, e si avvicinò al suo cuore (Sal 104,18) perché ormai non possa più non compatire alle mie debolezze.[…] È aperto l’ingresso al segreto del cuore per le ferite del corpo, appare quel grande sacramento della pietà, appaiono le viscere di misericordia del nostro Dio, per cui ci visitò dall’alto un sole che sorge (Lc 1,78). Che cosa appare attraverso le piaghe, se non le viscere? In che cosa poteva risplendere più chiaro che Tu, o Signore, sei soave e mite e di grande misericordia (Sal 85, 5) che nelle tue piaghe? Nessuno infatti ha una compassione più grande di colui che dà la sua vita per gli schiavi e i condannati. ». Bernardo, poco sopra, afferma di aver ricevuto questa interpretazione da un altro autore che possiamo identificare con Beda il Venerabile (Sul cantico dei Cantici 2,2), che a sua volta si è ispirato di Apponio (Sul cantico dei Cantici, 4), cf. Apponius, Commentaire sur le Cantique des Cantiques, tome 2, Sources Chrétiennes 421, nota 1 p. 52 e nota 1 p. 54.

Quarto Spunto

 

Indietro      Avanti

 

Leggendo il messaggio da un’altra prospettiva, le parole di Maria potrebbero ricordarci che la salvezza (che possiamo interpretare come la piena comunione con Dio) viene dalla misericordia di Dio e non esclusivamente dalle opere di giustizia e dai meriti dell’uomo. In altri termini, la misericordia di Dio salva mentre la giustizia (opere di giustizia/meriti) degli uomini non salva. Cioè la salvezza/comunione con Dio si riceve dalla misericordia di Dio, non si conquista unicamente con le nostre sole forze, con i nostri sacrifici. A questo proposito, possiamo dire che la frase « Misericordia e non giustizia » richiama anche la frase del profeta Osea citata per ben due volte da Gesù : « Misericordia io voglio e non sacrifici » (cf. Mt 9,13 e Mt 12,7 che citano Os 6,6). La giustizia e i sacrifici sembrano identificarsi in qualche modo. Approfondiremo questo aspetto nelle prospettive agostiniane di questo spunto di riflessione.

 

Quarto spunto – prospettive agostiniane

Il fatto che la salvezza venga dalla misericordia di Dio e che non ci si salvi con le sole proprie forze ha uno spazio molto ampio in Agostino in quanto permea tutta la sua vita: a conferma di ciò ci limitiamo a citare le Confessioni in cui la protagonista è la misericordia divina, di cui Agostino dice che sempre, “fedele, planava di lontano, le ali stese su di lui” (Conf. 3, 3. 5). Pretendere di ottenere la salvezza come ricompensa per i propri meriti è quanto Agostino contesta ai Pelagiani, che con questa loro attitudine finivano per negare il ruolo essenziale dell’Incarnazione, che per Agostino comprende tutti i misteri della vita di Gesù fino alla sua Passione e morte, in una visione globale del mistero pasquale.

Per quel che riguarda « Misericordia io voglio e non sacrifici » (Os 6,6), ricordiamo che per Agostino «vero sacrificio è ogni opera con cui ci si impegna ad unirci in santa comunione a Dio, in modo che sia riferita al bene ultimo per cui possiamo essere veramente felici» (De Civitate Dei, 10,6) e spiega : « Nella frase della Scrittura: “Preferisco la misericordia al sacrificio” (Os 6,6), si deve intendere soltanto che un sacrificio è preferito all’altro, perché quello che comunemente è considerato sacrificio è segno del vero sacrificio. Pertanto, la misericordia è dunque il vero sacrificio. » (De Civitate Dei. 10, 5)

Inoltre, per Agostino, il vero unico sacrificio nonché unica misericordia è l’Incarnazione, attraverso la quale Dio si fa vicino all’uomo in tutte le stagioni della vita, dalla nascita fino alla Passione, morte e Risurrezione: « In tutta quella varietà di sacrifici si ha da vedere quell’unico sacrificio e quell’unica vittima che è il Signore sulla croce. Al posto di tutti gli antichi sacrifici, noi ne abbiamo uno solo, perché quelli prefiguravano questo, cioè in quelli c’era l’immagine di questo » (Enarr. in Ps. 74, 12)

In questa prospettiva, Agostino vede la croce, culmine della Passione, non solo come un vero sacrificio ma anche come “il” vero sacrificio e quindi l’unica e la più grande misericordia, poiché lo scopo finale della misericordia è l’unione a Dio, vero sollievo di cui l’uomo nella miseria ha bisogno. Si può quindi concludere che la definizione di vero sacrificio è anche definizione della misericordia di Dio, che si concretizza “nel”, e “per mezzo del” mistero dell’Incarnazione. Possiamo quindi dire che la vera misericordia È giustizia non nostra ma di Dio, nel senso di vero sacrificio che ci riconcilia, cioè ci “aggiusta” con Dio attraverso la croce di Gesù.[9]

 

Quarto spunto – prospettive teresiane

Per Teresa, la misericordia è la chiave di lettura della sua vita e del mistero di Dio, che per sua misericordia dona la salvezza (per Teresa la parola più appropriata è “santità”):

« A me Dio ha donato la sua Misericordia infinita ed è attraverso di essa che contemplo e adoro le altre perfezioni divine ! Allora tutte mi appaiono raggianti d’amore, la Giustizia stessa (e forse ancor più di tutte le altre) mi sembra rivestita di amore […] Che dolce gioia pensare che il Buon Dio è giusto, cioè che tiene conto delle nostre debolezze, conosce perfettamente la fragilità della nostra natura. Di cosa quindi avrei paura?» (MsA 83 v, OC 212)

La fiducia di Teresa si fonda sulla consapevolezza che non sono le sue opere a salvarla (a renderla santa) ma la misericordia di Dio: Dio è amore misericordioso, amore che si abbassa, si china verso chi è piccolo per colmarlo di beni. Questo « essere piccolo » significa « essere pieno di fiducia, completamente abbandonato all’azione misericordiosa di Dio che non si spaventa della nostra miseria e anzi, attraverso la misericordia la trasforma in sorgente di vita. Lì è il segreto della redenzione e della santificazione. Ed è questo atteggiamento che Teresa descrive con l’immagine delle “mani vuote”. Teresa aveva espresso questo concetto nel suo atto di offerta di se stessa all’amore misericordioso (preghiera 6) :

« Alla sera di questa vita, comparirò davanti a voi a mani vuote poiché non vi chiedo, Signore di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno delle macchie ai vostri occhi. Voglio quindi rivestirmi della vostra propria Giustizia e ricevere dal vostro Amore il possesso eterno di Voi.[10]

La sua offerta all’Amore Misericordioso è la traduzione in preghiera personale della scoperta e della comprensione profonda della “piccola via” : Teresa prende coscienza del fatto che l’unico « sforzo » che ha da fare per diventare santa è di lasciarsi amare da Gesù, fino a farsi consumare, in un perfetto abbandono al suo amore misericordioso. È Dio che fa tutto per lei, Teresa riconosce che la sua vita è stata immersa nella Misericordia fin dal suo nascere (questo esprime nel manoscritto A) e al momento della sua offerta all’Amore misericordioso non fa che entrare coscientemente in questa dinamica che la porterà alla vetta dell’amore, la santità.

Questa offerta è il culmine dell’evoluzione dell’idea che Teresa aveva della santità: ella passa dalla santità conquistata con la spada (cioè con le sue forze e sforzi) alla santità ricevuta dalla misericordia di Dio. Fin da piccola, a quattro anni, fa le pratiche, conta gli atti di virtù, i sacrifici volontari. A nove anni sceglie la santità come ideale, consapevole che le costerà molta sofferenza. Entrata al Carmelo la santità diventa il « dare tutto a Gesù » per amarlo sempre di più « l’amore senza altro limite che Te » (come scrive nella preghiera che scrive per il giorno della sua Professione). Dopo che suo padre è ricoverato a Caen definisce così la santità : « La santità non consiste nel dire delle belle cose, e nemmeno a pensarle, a sentirle !…. essa consiste nel soffrire e nel soffrire di tutto. » (LT 89).[11] In questo senso, la santità dipende dalla sua sofferenza e quindi in fin dei conti, da lei stessa. Poi scopre che lasciata alle sue sole forze è solo un « grano di sabbia oscuro » mentre la santità è « una montagna la cui cima si perde nel cielo » (C, 2v). Sarebbe allora irraggiungibile? No, Teresa fa un passo in più e ce lo confida quando lei stessa analizza il suo percorso spirituale:

« All’inizio della mia vita spirituale, verso i tredici quattordici anni, mi chiedevo cosa avrei potuto guadagnare più tardi, poiché credevo che mi fosse impossibile capire meglio la perfezione ; ho riconosciuto ben presto che più si avanza in questo cammino, più ci si sente lontano dalla conclusione, e ora mi rassegno a vedermi sempre imperfetta e vi trovo la mia gioia » (A 74r).

Questa sua conclusione viene dal fatto che nel 1893 Teresa impara a « scendere » come Zaccheo (LT 137) e inizia un percorso di abbandono (6 luglio 1893 LT 142) in una grande povertà spirituale : « Il merito non consiste nel fare o nel dare molto ma piuttosto a ricevere, a amare molto … Lasciamolo prendere e donare tutto quello che vorrà. La perfezione consiste nel fare la sua volontà » (LT 142). Il suo Maestro interiore, Gesù, le insegna a trarre profitto da tutto, dal bene e dal male che trova in lei e si rende conto che « è Gesù che fa tutto, io non faccio nulla » (LT 142). La sua prospettiva viene quindi capovolta e la fa affermare:

« Sento sempre la stessa audace fiducia di diventare una grande santa perché non conto sui miei meriti, non avendone alcuno, ma spero in colui che è la Virtù, la Santità stessa. Lui solo, accontentandosi dei miei deboli sforzi, mi eleverà fino a lui e, coprendomi con i suoi meriti infiniti, mi farà santa » (A 32r).

Al termine della sua vita riconosce:

« La santità non è nell’una o nell’altra pratica, consiste in una disposizione del cuore che ci rende umili e piccoli nelle braccia di Dio, coscienti della nostra debolezza e fiduciosi fino all’audacia nella sua bontà di Padre » (DE, annexe p 235)

 

Indietro      Avanti

 

Sommario:

Introduzione

 

La benedizione di Maria

 

Spunti di riflessione sul messaggio di Maria

 

Primo spunto:

Secondo spunto:

Terzo spunto:

Quarto spunto:

Quinto spunto:

Conclusioni:

________________________________________

[9] Cf. M. Giusto, Agostino e la misericordia, Canterano (Roma), 2016, p. 147-152 e articolo M. Giusto, « L’Eucharistie, révélation suprême de la miséricorde chez saint Augustin » NRT 138 (2016), p. 221-240.

[10] Dalla deposizione di sr Maria della Trinità e del santo Volto al processo apostolico, Carnet rouge 52. Le dissi un giorno « Ho una gran paura per il giorno del giudizio al momento della mia morte perché ci viene ripetuto sempre che Dio trova macchie negli angeli e giudicherà anche le giustizie ». « E’ vero – mi rispose – ma se volete non aver più paura, fate come me, fate in modo di forzare il buon Dio a non giudicarvi proprio presentandovi davanti a Lui a mani vuote, cioè non tenete nulla per voi ma date tutti i vostri meriti per le anime manmano che li acquisirete, in questo modo il buon Dio non potrà giudicare quello che non vi appartiene più».

[11] Teresa fa suo quanto affermato da P. Pichon in un ritiro predicato nel maggio 1888: «La santità si deve conquistare con la punta della spada, bisogna soffrire,… bisogna agonizzare»

download.jpeg

Quinto Spunto

 

Indietro      Avanti

 

In quest’ultimo spunto di riflessione proponiamo di leggere le parole di Maria come una rivelazione: Maria, con le sue parole, ci rivela il desiderio profondo di Dio: Dio desidera fare misericordia, non desidera far giustizia condannando. Questo « far misericordia » consiste, da parte di Dio, in un profondo desiderio di comunione con l’uomo, nella sua impotenza e fragilità. Già nel libro del profeta Ezechiele si leggeva : «Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio – io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva» (Ez 33,11) Il desiderio di Dio culmina nelle parole di Gesù ai suoi discepoli : « Rimanete in me e io in voi […] senza di me non potete fare nulla. […] Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore » (Gv 15,4.5.9) e ancora « Il Padre stesso vi ama » (Gv 16,27).

Il messaggio di Maria sottolinea quindi la preferenza di Dio per la Misericordia, come dire che la misericordia ha la precedenza sulla giustizia sulla giustizia/giudizio di condanna e che il giudizio di condanna viene esercitato quando proprio non può farne a meno. Questa “rivelazione” è in piena coerenza con (ad esempio) questi passaggi della Scrittura (che troviamo in san Paolo) : «Dio riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione» (2 Cor 5,19). E ancora : « In nome di Cristo siamo ambasciatori : per mezzo nostro è Dio stesso che vi esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo : lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20). In questo caso sarebbe proprio Maria l’ambasciatrice da parte di Dio, ci svela ancora una volta il desiderio di Dio, che non ha altro desiderio che prodigare la sua Misericordia e ci invita a riconciliarci con Lui mediante la Misericordia.

 

Quinto spunto – prospettive agostiniane

Per Agostino, il fatto che Dio desideri far misericordia è un’evidenza: « Dio non desidera condannare, ma salvare (Cf. Lc 9, 56; Gv 12, 47) e, se ha pazienza verso i cattivi, è per poter cambiare i cattivi e renderli buoni» (Ser. 18, 2). Non parla tuttavia del desiderio che ha Dio ma piuttosto del desiderio che l’uomo ha di Dio, questo anelito profondo che gli fa esclamare: « Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te » (Confessioni 1,1).

 

Quinto spunto – prospettive teresiane

La scoperta fondamentale della vita spirituale della piccola Teresa è avvenuta il 9 giugno 1895, solennità della Santissima Trinità, giorno in cui si è offerta all’Amore misericordioso non appena ha compreso che il desiderio di Dio è quello di amare di amore misericordioso:

« O mio Dio! Ci sarà solo la tua Giustizia a ricevere anime che si immolano come vittime? … Il tuo amore misericordioso non ne ha bisogno anche lui?… Da tutte le parti è misconosciuto, respinto; i cuori nei quali tu desideri prodigarlo si volgono verso le creature chiedendo loro la felicità con il loro miserabile affetto, invece di gettarsi tra le tue braccia ed accogliere il tuo Amore infinito. O mio Dio! il tuo Amore disprezzato deve restare nel tuo Cuore? Mi sembra che se tu trovassi anime che si offrono come Vittime di olocausto al tuo Amore, tu le consumeresti rapidamente, mi sembra che saresti felice di non comprimere affatto i flutti di infinita tenerezza che sono in te... Se alla tua Giustizia piace scaricarsi, lei che si estende solo sulla terra, quanto più il tuo Amore Misericordioso desidera incendiare le anime, visto che la tua Misericordia s’innalza fino ai Cieli... O mio Gesù! che sia io questa felice vittima, consuma il tuo olocausto con il fuoco del tuo Amore Divino!».

Per Teresa, per potersi offrire in olocausto[12] all’amore misericordioso “che consuma e trasforma” la condizione essenziale è “acconsentire a restare poveri e senza forze” (lettera a sr Maria del Sacro Cuore, 17 settembre 1896). Ciò implica una piena accettazione di se stessi con le proprie debolezze e povertà per lasciarle abitare dalla misericordia divina poiché, come dice Teresa a sua sorella, « più si è deboli, senza desideri né virtù, più si è adatti alle operazioni di questo Amore che consuma e trasforma ». Si tratta quindi di lasciarsi amare da Dio in ogni più piccola piega della nostra vita.

 

Indietro       Avanti

 

Sommario:

Introduzione

 

La benedizione di Maria

 

Spunti di riflessione sul messaggio di Maria

 

Primo spunto:

Secondo spunto:

Terzo spunto:

Quarto spunto:

Quinto spunto:

Conclusioni:

 

________________________________________

[12] L’olocausto è un sacrificio in cui la vittima è completamente consumata dal fuoco.

N.S.-DI-MISERICORDIA-Savona33y.jpg
bottom of page